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  • Immagine del redattorePaolo Zucca

Fermentazioni anaerobiche e sperimentali.

Nel mondo dei caffè specialty ci si imbatte sempre più di frequente in lavorazioni innovative dette anaerobiche, ma se dovessimo spiegare cosa in definitiva si nasconde dietro questa parola magica penso che ci troveremmo tutti in difficoltà. Certo, ci aspettiamo un caffè diverso, dalle note accese e particolari, che giustifichi un prezzo più elevato, ma in sostanza tutto rimane nel vago con un’aurea di misteriosa alchimia che promette tanto non dicendo niente.

Per avere qualche nozione in più si potrebbe fare riferimento al mondo del vino, dove si usano lavorazioni simili come le macerazioni carboniche. Se nel caffè siamo alla fase sperimentale che consente una fantasiosa licenza (anzi spesso tutto è tenuto segreto, sia lavorazione che sostanze impiegate) nel vino non sarebbe consentita tanta spregiudicata libertà.

Mi immagino un vino con scritto “Fermentazione sperimentale” con la promessa di sapori strani, quali zenzero, cannella, gelato alla pesca, rum invecchiato, accompagnato dalle foto di bidoni di plastica e sacchi ricolmi di uva in fermentazione con lieviti e batteri aggiunti a fantasia. Credo che questo vino durerebbe ben poco e anzi ci sarebbero delle serie conseguenze legali.

Certo mi si potrebbe obiettare che del vino beviamo il succo della polpa mentre nel caffè sono i semi che ci interessano e quindi non c’è una connessione diretta fra lavorazioni e prodotto consumato. Ci può stare anche se non ne sono proprio del tutto convinto!

L’unica cosa che giustifica tanta genericità è che il caffè è un mondo nuovo, pensiamo infatti che solo nel 2015 Sasa Sestic ha vinto una gara mondiale con un caffè lavorato con la macerazione carbonica. Sempre nel caffè tutte le lavorazioni avvengono nei paesi di origine e in condizioni spesso di ristrettezza economica che poco hanno che fare con le mega cantine del vino dove tecnici super pagati controllano tutto il processo dalla pianta fino alla bottiglia. Provo quindi a scandagliarle iniziando dalle lavorazioni a drupa intera, quelle che mantengono il frutto intatto.



Carbonic Maceration -Macerazione Carbonica


Questa lavorazione deriva dal mondo del vino ed è quella usata per produrre i Beaujolais Nouveau o Novelli come si chiamano in Italia, ed è proprio da quel mondo che Sasa Sestic ha preso ispirazione per processare il caffè colombiano della Finca Camilo Marisander che lo ha portato a vincere il campionato Barista nel 2015. In questo processo le drupe intere del caffè vengono chiuse in un tank in cui si aggiunge anidride carbonica, questa viene in parte assorbita dai frutti sviluppando una reazione fermentativa all’interno della polpa con un assorbimento e interazione dei coloranti della buccia che difatti sarà scolorita alla fine del processo, quindi una reazione malolattica e la produzione di una parte di etanolo. Nell’uva avviene la stessa cosa e difatti se pensate alle note particolari dei vini novelli: lamponi, ciliegia, fragola, banana e bubble gum si possono avvicinare a quelle che ritroviamo in certi caffè anaerobici. È chiaro che nel vino dove la reazione agisce sulla polpa e quindi sul succo derivato da questa tutto è più diretto, nel caffè le reazioni devono interagire ed essere assorbite dai chicchi.



Semi Carbonic Maceration- Macerazione Semi Carbonica


Nella lavorazione semi carbonica, anche questa usata nel settore enologico, non si aggiunge anidride carbonica, ma si aspetta che questa si formi per la degradazione e fermentazione dei frutti che si trovano nella parte bassa del recipiente. Le drupe con il peso si schiacciano e lasciano uscire il succo che fermenterà producendo anidride carbonica, questa gradatamente spinge l’aria verso le parti alte, l’aria esce ed inizia la fase di macerazione carbonica nei frutti ancora intatti (nel vino si può anche aggiungere mosto nel recipiente per accelerale il processo). Il risultato sarà un somma delle due fasi fermentative. Nel caffè quasi tutte le lavorazioni in ambiente chiuso sono di questo tipo perché pochissimi coltivatori hanno la possibilità di avere l’anidride carbonica disponibile mentre è sufficiente avere un contenitore ermetico, un bidone o un sacco di plastica per iniziare una lavorazione del genere.

Questa produzione di gas è alle volte ingente; ci sono dei video divertenti nei quali si vedono dei coperchi esplodere per la pressione interna, a causa della mancanza di una valvola di sfogo o un gorgogliatore.

In tutte queste lavorazioni le variabili legate alla temperatura, al tempo e all’ambiente modificano moltissimo il risultato finale, gli stessi microorganismi che sono naturalmente presenti sulla buccia variano da zona a zona ma possono essere modificati da tutto ciò che entra in contatto con loro: le mani del raccoglitore, i sacchi del trasporto, spesso riutilizzati varie volte e perciò non immacolati e i macchinari o contenitori delle lavorazioni. I risultati saranno perciò mutevoli se variamo una sole di queste pedine.

Da queste due lavorazioni sono nate e si sono sviluppate una miriade di altre lavorazioni spesso frutto di elaborazioni fatte dai singoli produttori. Per trovare una traccia, anche dal punto di vista sensoriale riporto una piccola descrizione fatta nella videoconferenza organizzata da Cropster proprio dedicata alle fermentazioni in cui l’importatore di specialty coffee Nordic Approach fa una descrizione sintetica del risultato in tazza di tre lavorazioni diverse (https://youtu.be/BmjMVKtPz9g).

Nordic Approach offre un aiuto sul campo, tramite i propri tecnici, per ottenere anche in queste lavorazioni un risultato quanto più costante in termini di qualità.



Natural -Semi Anaerobic (2/3 day). Naturale semi anaerobico durata (2/3 giorni)


Come si vede nel primo sacco abbiamo del liquido in fermentazione che avrà fatto da starter ad un processo simile ad una lavorazione semi carbonica con sviluppo di anidride carbonica e conseguente pressione all’interno dei sacchi che appaiono rigonfi.

Le note sono quelle di una lavorazione naturale molto spinta verso l’alcolico, sentiremo liquore e sapore di frutta che alle volte ricorda qualcosa di artificiale come caramelle e bubblegum, presenza di varie note lattiche. Sempre complessità spiccata.



Natural Anaerobic Extended- Lavorazione Naturale Prolungata (3 giorni e più)


In questa lavorazione le drupe intere vengono chiuse ermeticamente nei tank e lasciate fermentare per il tempo stabilito, importantissima la temperatura esterna che modificherà sostanzialmente il processo.

Si otterranno delle note che sovrastano quelle della varietà e del terroir risultando completamente diverse da quelle che ci aspettiamo normalmente da un caffè. Più che la provenienza si percepirà la lavorazione che alle volte tende ad uniformarsi pur nella sua unicità; paesi diversi ma note simili date dalla lavorazione.

Le note principali sono quelle lattiche, di frutta esotica che alle volte può risultare sintetica, di caramella e si prosegue con rimandi a forti speziature sui ricordi di cannella e zenzero.

Sulle basi di queste lavorazioni ogni farm e ogni produttore creerà un suo particolare procedimento, modulando e variando a proprio piacere le varie fasi.

Se queste possono essere delle tracce sommarie per quanto riguarda il mondo del naturale, dei frutti interi, nell’altro mondo, quello dei così detti lavati, con i frutti depolpati, avremo un’ulteriore varietà di lavorazioni.

Nordic Approach ci riporta una delle più diffuse e facili.




Washed Extended Fermentation-Processo Lavato Esteso


Si parla esclusivamente di caffè depolpati in cui l’allungamento dei tempi di fermentazione passa dalle usuali 12/16 ore fino alle 72 ore. In questo caso si osserva un aumento dell’acidità con conseguente diminuzione del pH fino alle soglie che sembrano essere considerate critiche del pH 4.0 e una conseguente modificazione della popolazione microbica.

Avremo un aumento considerevole delle note di frutta matura e polposa, maggiore complessità e dolcezza che richiama le note fermentate ma allo stesso tempo conserva la pulizia e l’acidità di un lavato. Il tutto senza coprire le peculiarità del terroir e della varietà che soprattutto nei lavati hanno una forte rilevanza.

Oltre all’allungamento dei tempi il mondo dei lavati vede innumerevoli sperimentazioni, si potranno aggiungere dei fermenti selezionati alla normale lavorazione, per esempio fermenti lattici (Lactic process) oppure lieviti usati in vinicoltura (Wine Process) oppure tutte queste lavorazioni possono essere fatte in ambiente anaerobico simile a quanto visto prima, bag o tank.

Un altro procedimento, detto Skin Contact è quello di aggiungere alla fase fermentativa le bucce che normalmente vengono scartate. Lo Skin Contact aggiunge una base zuccherina, energia per i lieviti e i batteri che stanno fermentando, modificando sostanzialmente il risultato finale.

Le sperimentazioni proseguono anche nella successiva fase di asciugatura del caffè che può essere fatta al sole o con asciugatori meccanici, ciò apporta ulteriori modifiche.

Ogni tassello di queste opzioni può intersecarsi con altri diversi elementi portando le variabili ad essere praticamente infinite, guidate solo dalla creatività del produttore.

Un esempio di come si possano intrecciare lavorazioni anaerobiche, lavate e honey assieme è quello di

Kingha Coffee Estate che si trova in Uganda (allego il link del video completo per chi volesse approfondire questa tematiche). Il produttore usa un protocollo piuttosto rigido con una fermentazione in sacco per 40 ore e successivamente un depolpamento parziale e quindi una fermentazione in vasca con parte delle bucce, fino al raggiungimento di un pH 4.00. Il finale comporta un’asciugatura su letti rialzati come fosse un Honey ovvero senza lavaggio finale.

Si parla di un procedimento rigido perché anche poche ore in più in una fase oppure un pH diverso portano a cambiare completamente il risultato.

Avremo note di frutta matura ,vinosità e comunque, come viene ribadito, una grande pulizia in tazza che somma le parti migliore della lavorazione naturale e lavata con l’aggiunta della spinta degl’anaerobico.

Solo con tale rigidità di protocollo ci si può avvicinare ad una replicabilità che sembra proprio la parte dolente di tutte queste lavorazioni, lo stesso caffè con il medesimo processo può variare tantissimo proprio a causa delle infinite variabili che aggiungono complessità e rischio.

Materia incredibilmente ampia sulla quale è fra l’altro difficilissimo trovare approfondimenti.

Nel prossimi capitoli vorrei parlare delle problematiche di queste lavorazioni, di qualche lato oscuro che in questa terra di frontiera esiste, ma anche di nomi illustri che stanno facendo della fermentazione una vera scienza o alchimia scientifica come sarebbe più corretto dire.


Nel prossimi capitoli vorrei parlare delle problematiche di queste lavorazioni, di qualche lato oscuro che in questa terra di frontiera esiste, ma anche di nomi illustri che stanno facendo della fermentazione una vera scienza o alchimia scientifica come sarebbe più corretto dire.



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