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  • Immagine del redattorePaolo Zucca

Il caso Bermudez : scienza o alchimia?

Il mondo del caffè sta vivendo una grande svolta con l’avvento di una serie di lavorazioni sperimentali che stanno superando il classico dualismo fra processi naturali e lavati, tra fermentazioni anaerobiche, macerazioni carboniche, semi-carboniche, una ricerca continua e in costante movimento.

Spesso però molte lavorazioni sono fatte in modo artigianale, con mezzi poveri, sacchi e bidoni di plastica e senza grande conoscenza di quello che avviene durante le fermentazioni.

Anche le descrizioni dei processi usano termini spesso contraddittori e approssimativi, come dimostrano le descrizioni che troviamo sulle buste dei caffè.

Non è tutto così e molto si sta facendo nel campo delle ricerche, del perfezionamento delle tecniche con occhio scientifico.

Chi ha le idee veramente chiare e ha fatto della replicabilità il suo credo è un coltivatore colombiano, Diego Bermudez, nome che sempre più risuona nelle liste dei caffè specialty. Gran parte delle più importanti roastery internazionali e anche europee lo hanno in listino: Colonna, Manhattan, Mame, April, in Italia lo trovate da Gardelli, da Nero Scuro (e da altri che dimentico). Chi ha assaggiato i suoi caffè non li può dimenticare; li potrà amare o odiare profondamente ma nessuno può rimanere indifferente a delle note che ben poco ormai hanno a che fare con quello che fino a ieri si pensava fosse il caffè. Note di zenzero o gelato alla pesca, caramella alla frutta, che esasperano quel finale funky da bubble gum che alcune fermentazioni si portano dietro. Ma qui tutto è estremizzato e la cosa più incredibile è che Bermudez li rifà sempre uguali!

Chi è Diego Bermudez?

Diego Bermudez
Diego Bermudez

Diego nasce in Bolivia e inizia nel 2008 ad occuparsi di caffè.

Mentre sta studiando prende le redini di una piccola finca colombiana di famiglia di soli 2,5 ettari, capisce da subito quali sono le possibilità offerte dalle lavorazioni e assieme al fratello inizia degli esperimenti sulla fermentazione controllata. Qualche disastro iniziale come lui stesso afferma in un’intervista, ma alla fine riesce ad ideare uno dei primi protocolli, il così detto Plum, che ancora oggi usa: note di prugna secca, sciropposità lattica che ricorda una crema dolcissima, sempre con una pulizia estrema, il tutto partendo da un ibrido comunissimo in Colombia ovvero il Castillo.

Attualmente la famiglia di Diego Bermudez possiede sei aziende separate che si chiamano tutte El Paraiso e vengono gestite da un membro della stessa famiglia: Finca El Paraiso, Villa Alejadro, Villa Rosita, Finca el Paraiso 92, Villa Esperanza, La Macarena, coltivando moltissime varietà che spaziano dal Castillo, Laurina Colombia fino al famoso Gesha.

Il segreto dei caffè lavorati da Diego Bermudez sta proprio nel controllo serrato di ogni fase del processamento con macchinari costruiti appositamente nel laboratorio interno che fa sempre capo ad una società che si chiama Indestec (Innovatione y Desarollo Tecnologico para el Agro, innovazione e sviluppo tecnologico per l’agricoltura), dalla fermentazione all’asciugatura controllata e quindi alla lavorazione delle acque residue. La società ha anche un laboratorio per la selezione dei lieviti e batteri necessari alla fase fermentativa.


Laboratorio microbiologico (sx) , Tank fermentazione controllata (dx)

Non un’improvvisazione fortuita, oscure lavorazione da retrobottega ma una vera industria tecnologicamente avanzata che segue un protocollo preciso e ha un altissimo standard di lavorazione.

Il segreto di tutti i suoi caffè sta in un processo chiamato “Thermal shock”, che è costituita da una serie di lavorazioni, di fasi successive separate che iniziano con la selezione delle drupe. La percentuale di maturazione dei frutti viene mantenuta molto alta (si parla del 97%) proprio per avere un grado zuccherino, ovvero di Brix, ben preciso.

La fase di ozonizzazione o disinfezione serve ad eliminare i microrganismi preesistenti e poter inoculare quelli selezionati nel laboratorio interno e precede quella di fermentazione, la più importante che può essere fatta su drupe intere o depolpate.


Sistema di asciugatura (sx), Trattamento acque residue (dx)

Importantissimo in questa fase il controllo delle temperature e dei tempi che variando permettono lo sviluppo dei diversi ceppi batterici o di lieviti : ognuno di questi necessita di condizioni diverse (come ben sappiamo anche dalle fermentazioni o lievitazioni che facciamo a casa) un piccolo errore e il risultato cambia drasticamente. Alla fine avviene la fase di fissaggio dei componenti con il vero shock termico, due lavaggi a temperatura diversa che bloccano le note sensoriali. La fase di asciugatura fatta in ambiente con umidità controllata continua l’azione dei microorganismi attivi nelle fasi precedenti e anche il macchinario di asciugatura, chiamato Enigma, è prodotto in un laboratorio interno. Da puntualizzare che in tutti i vari step, sia di fermentazione che di asciugatura, l’aria viene riciclata per conservare le componenti aromatiche volatili.


Porto due esempi di lavorazioni dai protocolli inviatemi direttamente da Bermudez:

Ricetta Lychee

Ricetta Plum

Oltre a questi due i protocolli sviluppati sono più di una ventina quelli che si possono applicare a tutte le varietà coltivate partendo dal più comune Castillo fino al pregiatissimo Gesha. Parlando di Gesha si può sollevare il dubbio che modificare varietà così complesse si possa correre il rischio di snaturale, di perdere il terroir che le fa uniche, e che forse vale la pena valorizzare varietà meno pregiate, ma qui ci addentriamo in considerazioni soggettive.

Molti pensano, dando un giudizio sommario, che questi risultati siano frutto di qualche sofisticazione, di qualcosa di poco chiaro. Ma è un’analisi questa superficiale che non guarda (o non vuole vedere) la complessità di questi procedimenti e non vuole comprendere quanto si possa fare nel mondo dei processamenti del caffè.

Le competizioni mondiali negli ultimi anni stanno premiando quasi esclusivamente dei processi anaerobici che propongono note nuove ed inconsuete che con il passare degli anni si fanno sempre più estreme e Diego Bermudez, a mio avviso come certi artisti, si è spinto oltre con forza visionaria in un territorio inesplorato.

Il successo che lo premia, tutte queste roastery che continuano a riproporlo, questo nome che serpeggia di continuo nei listini di tutto il mondo, sta a significare che il pubblico ama sperimentare nuove sensazioni ed esperienze.

Per pubblico intendo tutti noi, piccoli consumatori, torrefattori, giudici di gara, clienti di un qualunque bar che cerchiamo un’esperienza nuova. Un’altra lezione che questi caffè danno è che applicando le corrette tecniche in ogni fase, dalla coltivazione al processamento, tutti i caffè possono migliorare ( e con loro anche i guadagni per tanti agricoltori che attualmente si trovano in serie difficoltà). Ben vengano quindi persone come Diego Bermudez che trasformano un caffè comune in un oggetto del desiderio, trasformando il banale in straordinario, aumentandone a dismisura il valore.

Poi se mi dite che dopo aver mangiato per giorni caviale vi sentite la voglia di pane e salame posso capirvi. Se dopo tutte queste note funky volete il solito Etiopia lavato, un Kenia o un classico Brasile ci sta.

Ritornare a casa dopo un lungo viaggio è sempre bello, per ripartire di nuovo con più entusiasmo domani.

Questo è il caffè.


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