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  • Immagine del redattorePaolo Zucca

La fermentazione nella lavorazione del caffè.


Il frutto del caffe è una drupa al cui interno si trovano i due semi che utilizziamo per la bevanda; per estrarli dobbiamo togliere la polpa.

Due sono le principali lavorazione usate: metodo naturale, ovvero seccando al sole le bacche e poi liberando meccanicamente i chicchi oppure il metodo lavato dove si toglie meccanicamente la polpa e si fa poi fermentare la mucillagine rimasta, generalmente in acqua per poi seccare al sole i chicchi racchiusi nel pergamino (la membrana che li racchiude e che viene rimossa alla fine del processo) .

Si parla di fermentazione nel metodo lavato riferendosi al degradamento delle mucillaggini, eseguito principalmente in vasche riempite d’acqua. Ciò avviene grazie all’azione di batteri e lieviti, ma sarebbe più corretto parlare di demucillacizzazione microbiotica perché questo è il fine di questa operazione.


Washing Station in Etiopia
Washing Station in Etiopia

Come agisce la fermentazione?

I batteri e i lieviti scindono le molecole complesse degli zuccheri e anche delle pectine presenti nelle mucillagini per trarre energia utile alla loro sopravvivenza cellulare. Esiste in natura un altro sistema che ricava energia, e quindi vita, dai composti del carbonio (e quindi dai carboidrati) ed è il sistema respiratorio usato dalle forme di vita più evolute. E' questo tra l’altro il modo più proficuo in termini energetici (36 ATP contro 2 ATP, cioè i valori energetici estratti).

La fermentazione avviene quindi sempre in ambiente anaerobico; esistono solo dei batteri che prediligono ambienti carichi di ossigeno ma per un biochimico dire fermentazione anaerobica è un termine ridondante, come dire “acqua bagnata”. Durante la fermentazione i batteri e i lieviti creano sottoprodotti che vanno a modificare l’ambiente, i chicchi di caffè hanno un interscambio con queste sostanze perdendo e acquisendo molecole che modificano la loro composizione e soprattutto i loro aspetti aromatici.

Nelle lavorazioni naturali, dove i chicchi asciugano al sole per molti giorni avvengono azioni di fermentazione molto lente che producono, nella polpa, polisaccaridi complessi. La componente zuccherina si intensifica nella fase di asciugatura, interagendo con i sottostanti chicchi e donandogli le peculiarità dei naturali: intensità di corpo, note ricche e dolci.

Queste azioni sono molto delicate e suscettibili di innumerevoli variabili che portano a sostanziali differenze nel risultato in tazza. Il riferimento più consono è quello con il mondo del vino dove esiste un scienza, l’enologia, che si occupa di tutta la lavorazione. Fa sorridere un pochino l’idea che esista la figura del Wine Maker ovvero l’enologo, ma se pronunciamo la parola Coffee Maker ci viene in testa una macchina da caffè o qualcosa che fa il caffè e non ne curi la sua produzione dal punto di vista scientifico.

Nel vino esiste una cura estrema in tutte le fasi di produzione, per ottenere le eccellenze che ben conosciamo. Le vendemmie, in alcune zone, avvengono addirittura di notte per evitare partenze fermentative non desiderate (Napa Valley); l’uva viene spesso pulita dai microrganismi esterni e poi addizionata degli starter fermentativi dedicati a quel tipo specifico di vino.

Se andate sul sito di aziende come Lallamard e Scott Laboratories troverete le liste dei lieviti dedicati ad ogni vino con anche le possibili varianti aromatiche ottenibili modificando il tipo di lievito. Niente che sia artificiale, solo selezioni di lieviti e componenti naturali perché come abbiamo appreso da processi giudiziari recenti esistono dei disciplinari ferrei per le sostanze utilizzabili.

Questa è la normalità nel vino, questa è l‘enologia moderna che ci porta ad avere i Franciacorta o gli Champagne attuali (credo irraggiungibili con tecniche empiriche che possono darci solo quei vinacci aspri che abbiamo assaggiato da qualche simpatico vecchietto, magari parente!).

Nel caffè invece siamo ai primordi e tutte le fermentazioni sono in gran parte spontanee, date dai microoganismi presenti in natura: sulle bucce, nelle mani di chi raccoglie le drupe, nei contenitori ma soprattutto nei macchinari usati per il depolpamento e nelle vasche dove i chicchi passano mediamente 24 ore. I materiali porosi come il cemento sono una spugna pregna di batteri!


Washing Station in Etiopia

La parte finale la gioca di sicuro l’acqua che sommerge i chicchi nel processo cosi detto lavato. Questa è fonte di forti contaminazioni se non deriva da sorgenti pure.

Afferma una cosa interessante Joseph Brosky di Ninenty Plus, vincitore di 5 campionati mondiali con i suoi caffè confessando che “ molti produttori oggi non conoscono il gusto del loro caffè” . Questi non avendo un feedback dei loro sforzi e anche dei difetti presenti trovano l'epilogo del loro lavoro in un guadagno misero e in uno sfruttamento da parte del sistema industriale.

Dove si trova cultura, che significa qualità dalla pianta alla tazza si hanno ritorni economici anche considerevoli. Panama ne è l’esempio con le sue Coffee Stars: Joseph Brodsky di Ninety Plus (sempre con una tazza in mano), i Peterson dell’ Hacienda Esmeralda, Jamison Savage di Finca Deborah e altri, perché i nomi sono tanti e stranamente tutti concentrati in quel Paese dove molti hanno fatto della qualità la loro bussola.


Joseph Brodsky (Ninety Plus)

Attualmente c’è un vento di rinnovamento nel mondo caffè con una migrazione di figure proprio dall’enologia: Lucia Solis che lavorava nella Napa Valley ed è diventata una consulente specializzata, forse la più famosa, nel processamento del caffè, fermentazioni e simili. Consiglio a tutti di seguire il suo Podcast audio, Making Coffee di Luxia Coffee, al quale devo confessare mi sono molto ispirato!

Sempre dal mondo del vino derivano i primi lieviti dedicati al caffè, premiati fra l’altro allo Specialty Coffee Association (Sca) Expo di Seattle nel 2018, che sono il frutto della collaborazione di due aziende specializzate nei lieviti per l’enologia, Lallemard e Scottlabs. Dopo sette anni di ricerche comuni hanno prodotto una linea denominata Lalcafè, che con i suoi 4 prodotti Lalcafe ORO, Lalcafe Cima, Lalcafe Intenso, Lalcafe Bsc spinge la fermentazione verso dei flavour desiderati ed evita difetti di processamento spontaneo.

Oltre a questo mondo più scientifico esiste una ricerca forse più empirica se non addirittura con risvolti alchemici, quella delle cosiddette fermentazioni sperimentali che passa dai processi anaerobici, carbonici , semi carbonici, fermentazioni lattiche, extended fermentation, temperature controllate, vasi carichi di anidride carbonica che esplodono, fino ad arrivare alle ricerche più estreme di Diego Bermudez che produce caffe dai sapori più improbabili: zenzero, gelato alla pesca e caramella all’albicocca.

Sembra tutto cosi lontano e fantascientifico specie se state assaggiando il solito caffè bruciacchiato al bar sotto casa che necessita di abbondante zucchero per essere reso bevibile.. ma questo mondo di cui vi ho parlato esiste e si può bere!


Riprenderemo questo tema nei prossimi articoli....



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