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  • Immagine del redattoreJuri Donvito

Microfoam, macrofoam e crema di latte.


Per prima cosa, quando si parla di montature in genere, bisogna comprendere cosa si intende a livello fisico per schiuma.

Una schiuma non sarebbe altro che un liquido (oppure un solido o gel) che riesce a trattenere al suo interno un gas.

Nel caso della crema di latte (termine impropriamente utilizzato) il liquido è il latte e il gas l’aria che viene insufflata al suo interno, a formare una schiuma.

Ma qual è quindi la differenza tra crema di latte, microfoam e macrofoam?

A livello fisico si parla sempre di schiume. Nella microfoam le bolle di aria inglobate nel latte sono molto piccole, non visibili a occhio nudo. Questo da come risultato una montatura lucida, soffice e omogenea al palato. La macrofoam rimane una schiuma con bolle grossolane, visibili a occhio nudo; la risultante è una montatura opaca, con struttura disomogenea al palato, spesso considerata un errore di montatura dai professionisti.


Microfoam e macrofoam
Microfoam e macrofoam

E la crema di latte?

Per prima cosa dobbiamo capire cosa si intende per crema. La crema secondo il vocabolario è la parte grassa del latte (detta anche panna) o, in pasticceria, un composto semiduro a base di latte, uova e zucchero, talvolta con aggiunta di altri ingredienti. Questo termine viene quindi in realtá utilizzato impropriamente dai baristi per indicare una microfoam.

Come si prepara dunque una microfoam con una macchina per espresso?

Per prima cosa si inizia versando latte intero all’interno della lattiera, solitamente questa va colmata per metá. Successivamente bisogna effettuare lo spurgo della lancia vapore (aprire la valvola per qualche seccondo) per fare in modo che l’acqua residua al suo interno possa fuoriuscire.

L’inserimento della lancia vapore nella giusta maniera rimane punto fondamentale. Questa deve essere posta nella lattiera lateralmente per creare il vortice che ha il compito di amalgamare l’aria nel latte, la lancia vapore deve essere qualche millimetro sotto la superficie del latte. La mano ha il compito di percepire la temperatura della lattiera, diretta derivazione della temperatura del latte interno alla stessa.



Bisogna a questo punto far fuoriuscire il vapore sotto pressione dalla lancia vapore, questa produce il vortice sulla superficie del latte e il rumore caratteristico della montatura. Nella prima fase (fino ai 35 °C) bisogna insufflare aria all’interno del latte, nella seconda fase (dai 35 ai 55/65 °C) bisogna fare in modo che la forza del vapore vada ad amalgamare l’aria insufflata all’inizio della montatura, per fare in modo che le microbolle di aria siano disperse in modo omogeneo all’interno del latte montato. Al termine della montatura, questa va pulita con un panno e spurgata dal latte entrato alla chiusura della valvola.

E i grassi e le proteine?

Le proteine, che hanno la funzione di tensioattivi, hanno il compito di trattenere all’interno del latte le bolle d’aria che vengono insufflate, i grassi invece tendono a sfavorire il lavoro delle proteina ma sono contemporaneamente necessari a mantenere minimale il volume delle bolle d’aria presenti all’interno del latte montato. Il latte che viene considerato migliore dai baristi professionisti è il latte intero pastorizzato di alta qualità, questo per la sua dolcezza, corposità e capacitá di creare una migliore micorfoam grazie al contenuto di grassi superiore. Di seguito vengono riportate alcune domande e risposte di interesse riguardo la montatura del latte.

Superati i 70°C le proteine del latte vengono denaturate e risulta instabile la conseguente montatura?

Fermo restando che il latte ha al suo interno varie tipologie di proteine e che ognuna di queste denatura in tempi e temperature diverse, è stato dimostrato ad esempio che le caseine (formano il 75-80% delle proteine del latte) hanno una forte resistenza alla denaturazione e nel latte coagulano a 100°C dopo 12 ore, le proteine del siero (che compongono il 18-25% delle proteine totali del latte) vengono denaturate totalmente a 90°C in 5 minuti. A 70°C invece abbiamo la denaturazione del 6% delle proteine del siero in 5 minuti di esposizione e del 30% di proteine del siero nel tempo di 30 minuti di esposizione al calore. Di conseguenza la denaturazione delle proteine non è un passaggio immediato ma una trasformazione che dipende da tempo e temperatura applicate.

Nei tempi e nelle temperature di esposizione al calore da parte del latte, per la preparazione del cappuccino, le proteine non subiscono quindi denaturazione.

Quello che invece causa una denaturazione delle proteine del latte (ma che al contrario di quel che si pensa genera maggiore stabilità della schiuma) viene attribuito all’azione del vapore insufflato ad alta pressione e temperatura.

E’ corretto invece pensare che la minore stabilità di un latte montato a temperatura più elevata sia dato dal maggiore annacquamento derivato dal vapore insufflato dalla lancia vapore in fase di montatura (come suggeriscono varie ricerche) piuttosto che dalla denaturazione delle proteine.

Il contatto tra latte caldo e caffè produce il tannato di caseina?

Come risaputo il caffè espresso contiene tannini, le caseine come espresso in precedenza rappresentano circa l’80% delle proteine del latte. In letteratura scientifica si trovano molti esempi riguardanti l’interazione tra tannini e caseine o proteine in genere. Tuttavia nulla è stato trovato riguardo l’interazione, le temperature in gioco e le modalità di reazione tra tannini dell’espresso e caseine del latte. Risulta dunque probabile l’interazione tra tannini del caffè e caseine ma nessuna fonte scientifica è stata trovata riguardo lo specifico caso citato. Sarebbe utile poter consultare la fonte primaria di tale informazione diffusa che, senza una fonte attendibile, rimane pura supposizione.

Se si superano i 70°C durante la montatura avviene la caramellizzazione degli zuccheri del latte?

La caramellizzazione, che si verifica durante il riscaldamento di prodotti alimentari con una elevata concentrazione di zuccheri è una reazione di degradazione termico ossidativa degli zuccheri che porta alla formazione di sostanze dalla tipica colorazione brunastra. Durante questo processo, l’acqua evapora dallo zucchero, a questo segue una complessa serie di reazioni chimiche. La caramellizzazione del lattosio avviene ad una temperatura di circa 203°C, anche in questo caso non sono state trovate prove evidenti di caramellizzazione degli zuccheri del latte per i tempi e le temperatuture in gioco durante la montatura.

Auspico infine che in futuro i baristi possano fare tesoro dell’importanza di mantenere le corrette pratiche lavorative e che i trainers possano verificare la veridicità delle fonti da cui derivano determinate informazioni in modo da diminuire la possibilità di fornire nozioni errate o inconsapevolmente distorte.

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